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Immagine del redattoreGabriele Clima

Linda Cavadini - Scrivere di migrazioni: un laboratorio di lettura e scrittura

da www.laletteraturaenoi.it

Il cane è, ovviamente, un simbolo di tutto ciò che ci spaventa, perché ignoto e della paura di quello che viene da fuori: nelle discussioni coi ragazzi mi ha colpito come non abbiano sottolineato tanto il coraggio della bambina, ma il suo sguardo, la capacità di andare oltre, di non farsi guidare dal pregiudizio. Ed è con questo sguardo che in classe, da gennaio a maggio, abbiamo affrontato il fenomeno delle migrazioni, sospeso il giudizio e fatto silenzio; ci siamo messi in ascolto, per poi provare a descrivere la realtà e trasformarla in narrazione, in letteratura.


Un laboratorio di lettura e scrittura

“Il vento gelido mi tagliava il viso come una lama affilata, osservai attentamente un’altra donna caduta in mare; non capivo perché le altre persone cercassero in tutti i modi di farla risalire su questo gommone colmo di volti preoccupati e impauriti, sarebbe morta anche lei come tutti gli altri che erano già stati portati via dalle onde oscure di questo mare immenso. Tutti si stavano concentrando sulla povera donna, mentre io ero a guardare senza fare niente; alcuni mi guardavano con uno sguardo di disprezzo, probabilmente pensavano che io fossi un’egoista a cui non importa degli altri.

Tornai a guardare l’orizzonte che sembrava così lontano e ripensai a tutti i sacrifici che avevo fatto insieme alla mia famiglia per arrivare lì ed essere ancora viva.”

Questo è uno dei venticinque racconti scritti dai ragazzi che hanno concluso il laboratorio di lettura e scrittura sulla migrazione: ora sono conservati nel portfolio di testi che ciascuno conserva dalla prima classe, cronistoria del loro percorso come scrittori.

Affrontare in classe la letteratura di migrazione significa mettere i ragazzi di fronte a vite, a storie complesse, emozionanti e reali. Significa lavorare sulle competenze di cittadinanza, sull’humanitas, sul pensiero complesso, sulla capacità di razionalizzare e argomentare. Significa permettere loro di immergersi in una realtà distante, ma con la quale entrano in contatto tutti i giorni: abito a Como, città di confine e di migrazione, e insegno alla scuola secondaria di primo grado, molti dei miei ragazzi sono figli di migranti (vuoi dell’emigrazione interna degli anni ’70 vuoi di quella odierna), alcuni sono migranti essi stessi. Parlare di migrazione è, dunque, parlare della loro storia, del loro vissuto, del mondo che li circonda e scriverne è un modo per capire, dare un nome agli eventi e razionalizzarli.


Il testimone, l’articolo e la poesia

Il primo passo di questo percorso è stato l’incontro con un testimone, Mamadou, un ventenne etiope, che ci ha raccontato la storia del suo viaggio: i ragazzi si sono trasformati in giornalisti, hanno costruito l’intervista e si sono messi in ascolto, poi ne hanno scritto un articolo di giornale. E’ importante che ogni momento del percorso diventi non solo occasione di riflessione in classe, ma anche di scrittura: scrivere significa dare forma all’emozione, prendersi tempo e riflettere. Per scoprire come si scrive un articolo di giornale siamo partiti dall’articolo Dal barcone della Libia al dottorato, la favola di Alange di Filippo Femia (La Stampa 13 gennaio 2018), che è diventato modello di scrittura: abbiamo analizzato l’incipit e il finale, le tecniche usate per suscitare empatia nel lettore, il ricorso ai testimoni e al discorso diretto e infine ho provato a far focalizzare l’attenzione tra la scelta della paratassi in luogo dell’ipotassi. Ogni tecnica è stata descritta anche dal punto di vista grafico: come si introduce un discorso diretto, come indicare il cambio di paragrafo, l’uso del corsivo e del grassetto. Quando si insegna a leggere e a scrivere nulla va dato per scontato.

Altro testo sottoposto ad analisi e commento è stato Preghiera Laica di Erri de Luca. In questo caso ci siamo interrogati sulla voce narrante: di chi è questa preghiera? Con quanti occhi diversi può essere visto il mare? Quante cose contiene? Abbiamo discusso e molto.


Gli albi e un romanzo

Il secondo momento di immersione, il periodo cioè che precede la scrittura e costituisce l’analisi del genere, del tema, è stato realizzato attraverso gli albi illustrati. Il libro Mediterraneo di Greder, che trae ispirazione dalle tragedie delle traversate del Mediterraneo, ha la forza di certi quadri espressionisti, della durezza e profondità di Goya. È un racconto per immagini che parte a ritroso, dal pesce pescato nel mare del Mediterraneo per poi riportarci ad altre barche, carrette del mare: l’occasione del racconto ci viene spiegata dalla nota finale, il naufragio in cui morirono 300 migranti a Portopalo il 26 dicembre 1996. Solitamente, dopo aver letto e mostrato il libro, chiedo ai ragazzi di compilare uno schema a Y, in cui inserire: “cosa racconta il testo”, “connessioni con la mia vita e con altri testi”, “domande che mi suscita o che farei all’autore”.Il momento della discussione che ne segue è sempre molto arricchente, ci permette di vedere i ragazzi in un contesto meno strutturato e di abituarli a sostenere opinioni e ad argomentare. I libri illustrati hanno il potere di spingere i ragazzi a cercare di fornire una loro interpretazione, a trovare connessioni e ciò vale soprattutto per chi ha meno dimestichezza col testo scritto.

L’approdo di Shaun Tan racconta la storia della migrazione del padre dell’autore, è un libro capolavoro, un silent book che va bevuto e goduto con gli occhi, è molto complesso perciò in classe ho mostrato solo alcune parti, suggerendo spunti e domande per le annotazioni sul taccuino, come ad esempio sulla tavola che rappresenta degli uomini in fila con la valigia in mano, sullo sfondo la Statua della Libertà:

provate a immaginare quale storia ci sia dietro le due immagini accostate. Cosa rappresenta l’immagine con la valigia? Cosa notate nella rappresentazione dei volti?

Sempre la Statua della Libertà è la protagonista di un altro libro che ho usato Il suo piede sinistro di Dave Eggers, un illustrato argomentativo, che spiega come è stata costruita la Statua della Libertà e racconta la storia del suo piede sinistro, sollevato perché la statua si muove e accoglie chi arriva ad Ellis Island.

Davanti a questi testi il mio compito è aiutare gli studenti ad osservare le immagini, la loro relazione con le parole, lo sviluppo narrativo, invitarli a fermarsi e a provare a proporre interpretazioni, da discutere insieme, come una comunità di lettori.

Ho poi letto in classe Continua a Camminare  di Gabriele Clima, un romanzo per ragazzi, relativamente semplice e che non supera le duecento pagine (la brevità è una caratteristica necessaria per la lettura ad alta voce) e racconta le vicende di due ragazzini durante la guerra. Nelle ore di lettura abbiamo discusso di quanto capita ai due giovani protagonisti, dei motivi per cui entrambi sono in cammino e di come Clima ci descrive viaggio, ambiente e costruisce i suoi personaggi. Questo libro è stato un vero modello di scrittura per la pianificazione dei nostri testi.


Scriviamo i nostri racconti

Rem tene dicevano gli antichi, le parole seguiranno. Grazie all’immersione, ora ai ragazzi non solo sono noti i temi e le caratteristiche di un racconto di viaggio, ma anche certe strutture e scelte narrative. Tutto è pronto per iniziare a scrivere il racconto di migrazione.

La prima fase è stata la prescrittura, che è servita a raccogliere le idee, a pianificare il testo a progettare il suo sviluppo. Ciascun ragazzo ha lavorato attraverso schemi e attivatori grafici per costruire i propri personaggi, l’ambiente, le azioni e i dialoghi. Momento chiave è stato, come sempre, la mini lesson, una lezione breve in cui fornisco, partendo da un testo modello, indicazioni chiave per tecniche narrative: qui riporto, a titolo d’esempio, la lezione su come costruire il viaggio.


Il personaggio in camminino (esempio di lezione su come si costruisce un viaggio)

Abbiamo provato insieme a costruire l’ambiente in cui si muove il nostro personaggio e abbiamo capito quanto sia importante. Oggi ci concentreremo su un momento spesso presente nei racconti d’avventura: il cammino, il viaggio, il percorso, cioè, che il nostro personaggio percorre per giungere a destinazione.

Il nostro protagonista cammina, viaggia si muove, spesso da solo o con pochi compagni . Per quale motivo? 

Per inserire una pausa nella narrazione in cui il protagonista riflette e medita.Per incontrare qualche altro personaggio e vivere una nuova avventura fuori dall’ambiente usuale.Per descrivere un nuovo ambiente

Spesso il cammino fisico corrisponde a quello dei pensieri, è come se il ritmo dei passi seguisse quello delle riflessioni: nei racconti d’avventura il viaggio è sempre occasione di cambiamento, di crescita e di scoperta per il nostro personaggio.

Cosa succede quando un personaggio è in viaggio?

Si guarda intorno e scopre paesaggi nuovi che descrive con similitudini, confrontandoli con ambienti che conosceVede qualcosa che attiva ricordi del passatoParla con le persone che viaggiano con luiFa incontri da cui impara qualcosa (anche se possono essere incontri duri, drammatici e dolorosi)Vive esperienze straneFa connessioni e riflessioni


Ora leggete questi brani tratti tutti dal bellissimo libro “ Continua a Camminare” di Clima. Insieme al vostro compagno di banco provate a individuare quali situazioni descritte nell’elenco precedente capitano al nostro personaggio.


Intanto cammino un po’ per abituarmi alla notte e alla cintura pesa più di quanto mi aspettassi.
E per guardare le stelle.
Che belle le stelle, ce ne saranno un milione nel cielo. Era un sacco di tempo che non le guardavo più. Quando abitavamo a Damasco stavamo ore a guardarle io e Khalid anche tutta la notte in piedi come due fidanzati. […] nelle stelle cercavamo le figure magiche. Facevamo a gara a chi ne trovava di più[…] Non riesco a trovarne molte questa sera. Sarà perché il cielo qui è diverso, non è quello di Damasco, è scuro, talmente scuro che le stelle sembrano starci dentro a forza, come strizzate come strette dentro a un pugno.
Mi avvicino a un gruppo di ragazzi, in piedi come me. Parlano tra loro, a bassa voce. Uno raccoglie un pezzo di cartone lo appallottola. Lo fa rimbalzare sulla coscia, uno, due, tre, cinque, sei rimbalzi.[…] E’(È)bravo e resto lì a guardarlo. Lui se ne accorge “Ehi mi fa. E mi tira la palla di cartone con un colpo secco che risuona nel cielo così vuoto. Io la prendo, la stoppo con il petto come un vero giocatore, ma non sono così bravo e la palla schizza via più in là. La rincorro e gliela passo nuovamente. Giochiamo per un po’, finché si avvicina qualche adulto e si unisce a noi. Da quel momento non si capisce più niente, perché la polvere che si alza è impressionante, e arriva anche il vento che ce la getta in faccia, tanto che dobbiamo voltarci e chiudere gli occhi, ma intanto ridiamo come scemi a quella palla senza badare a dove la tiriamo.
Sciacallo? Mi fermo. Si ferma anche la luna. Forse anche lei vuole sapere se è ancora lì. “Ci sei o no” gli grido Dall’ombra un ticchettio, tap, tap, tap. Eccolo lì. Che cammina saltellando. E fa ginnastica. Sorrido e riprendo il cammino. E’ bello pensare che qualcuno ti viene dietro. Vuol dire che per lui conti qualcosa. E sono sicura che è così, sono sicura che per lui io sono non so, un’amica trovata nella notte.
Mi alzo e guardo il cielo, nero, con le stelle strizzate come dentro a un pugno. So che in quel cielo Dio mi sta guardando, anche adesso, perché Dio è grande e misericordioso. E’ buono e misericordioso. Mentre guardo il cielo mi viene in mente Dio e i suoi nomi i novantanove nomi bellissimi di Dio. […] e in tutti questi nomi non ce ne è uno solo che sia simile a Colui che uccide per la propria gloria. Chi fa questo non è dio, non può essere dio; chi fa questo è un uomo, non un dio. Un uomo che il Corano lo legge come vuole  lui.
La colonna rallenta, si sgrana. Qualcuno fa gesti, riparandosi dal sole con la mano. Papà si volta e getta il sacco a terra. “Ci fermiamo” mi dice. “riposiamo un po’” “Ok” rispondo “Sei stanco” “No” “Bravo Salim” Mi dà un’arruffata sui capelli. Una nuvola di polvere si disperde nel vento. Mi siedo sistemando i pantaloni che sono pieni di sabbia. E’ incredibile la sabbia, dove riesce a infilarsi, perfino dentro alle mutande ci arriva se c’è il vento.

Ora pensa alla tua bozza: dove pensi di inserire il viaggio? Cosa vede il tuo personaggio? Che similitudini usa per descrivere ciò che vede? Cosa gli ricorda? Incontra qualcuno? Cosa impara?

Tieni conto delle risposte a queste domande per scrivere il tuo cammino.

Per circa un mese per due ore a settimana, i ragazzi hanno scritto i loro racconti, la scrittura è stata intervallata da mie mini lesson di stile, tecnica e anche grammatica (su come si costruiscono gli incipit, quando usare i due punti, come costruire l’ambiente, i dialoghi etc.), oppure sulla ripresa di tecniche che avevamo già esplorato in precedenza. Durante le nostre ore di scrittura mentre i ragazzi scrivono, io giro tra i banchi per fornire loro consulenze: non suggerisco né correggo, li faccio riflettere, provo a far lor vedere le cose da un altro punto di vista (quello del lettore e dell’esperto di scrittura), spesso gli stessi compagni diventano lettori e consulenti. Segue poi  il momento della correzione di bozze, che segue un iter ben preciso: controllo della pianificazione del testo, controllo ortografico, riflessione sull’utilizzo delle tecniche proposte. A questo punto i ragazzi mi consegnano il loro racconto, corredato da un testo in cui descrivono il loro processo di scrittura e la loro autovalutazione: rileggono cioè il loro racconto come scrittori.


Conclusioni

Voglio chiudere con uno dei 25 testi, scritto da un ragazzo che proprio non ama scrivere e ma sta imparando a farlo.

Sono Seidu: abito in Africa, in Libia, a Gadames. Ho 11 anni e sto in una piccola casa con mio fratello e mio papà:  papà fa l’operaio per mantenere tutta la famiglia mentre io ogni giorno faccio più di 9 km per andare al centro assistenza per prendere acqua e cibo. Ci metto tanto ad andare perché abito lontano da tutti, vivo nel deserto su un piccole colle. Io e mio fratello abbiamo progettato il viaggio per andare a trovare i nostri cugini in Italia, in Puglia: così negli ultimi due mesi abbiamo lavorato in un cantiere che trasportava pietre pesanti per racimolare i soldi che ci mancavano per il viaggio sulla barca che ci avrebbe portato dai cugini. Il giorno prima della partenza della barca mentre ci incamminavamo verso il porto, incontrammo una nostra vecchia amica che avevamo perso di vista durante la guerra. Anche lei si stava dirigendo verso il porto insieme a un fratello più piccolo, così decidemmo di viaggiare insieme per aiutarci a vicenda. Verso sera lei mi disse “Quando saremo in Italia tu dove andrai?” Io risposi “io andrò a Foggia”, in Puglia dai miei cugini. “E tu dove andrai?” chiesi io. Lei rispose “io andrò in Sicilia da mio zio”. Il giorno dopo, arrivati al porto di Tripoli, mentre aspettavamo di imbarcarci le dissi. “Anche se andremo in due posti diversi cerchiamo di stare sempre uniti.” Dopo un po’ ci imbarcarono ma eravamo in tanti sul barcone tutti appiccicati come sardine. Il viaggio durò sei giorni: erano quasi tutte giornate fredde, tre giorni piovve. Arrivati in Sicilia tutti infreddoliti, ci accolsero con  coperte e cibo; dopo qualche giorno riuscimmo a partire per la Puglia. Ma della mia amica non c’era più traccia.

È un testo che ha tanti difetti, ma mostra che possiamo insegnare a leggere e a scrivere e che loro possono imparare. Imparare sempre. Noi a quello serviamo: non ad essere critici e filologi, ma ad essere critici e filologi che insegnano ed educano a leggere e a scrivere.


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