Scrittori per ragazzi: i grandi assenti
17 ottobre 2024
È un bene che ci siano tanti articoli e approfondimenti (questa mattina, sul giornale, ne ho letti almeno quattro) su adolescenti a rischio, su giovanissimi che si suicidano per porre fine a bullismo, violenze, soprusi, sulle tante e diverse forme di alienazione che colpiscono ormai una parte sempre maggiore della popolazione giovane (ogni anno la stima cresce). Ne parlano psicologi, insegnanti, educatori, e questo è un bene.
Ciò che è grave, perché alla fine impedisce un corretto approccio al problema, è che mai, forse in un caso su un milione, vengono interpellati gli scrittori per ragazzi; coloro che forse più conoscono i ragazzi perché, attraverso storie a loro dedicate, storie forti, coraggiose, storie di oggi, che parlano del loro mondo e del loro tempo, storie in grado di cambiare pesi e assetti qui ed ora, entrano nelle loro teste e nelle loro anime proprio in cerca di quei fili spezzati da afferrare e ricomporre, filo dopo filo, parola dopo parola. Nemmeno gli insegnanti, cioè coloro che, esclusi i genitori, passano più tempo accanto ai ragazzi, nemmeno loro posseggono le chiavi che hanno gli scrittori per ragazzi, non perché ne abbiano meno, ma perché sono diverse.
Oggi, su Repubblica, c'è un articolo di Marco Rossi-Doria, persona di rilievo, insegnante, esperto di politiche educative e sociali, che scrive: "Migliaia di comunità educanti fatte da docenti, educatori del terzo settore, volontari, trainer sportivi, capi scout, terapeuti, genitori e cittadini sono impegnati insieme ai nostri ragazzi nutrendo il dialogo e assumendo la posizione propria degli adulti che guidano." E gli scrittori per ragazzi? Perché non entrano nel novero? Perché nessuno, nel dibattito pubblico su un tema di questa portata, complesso e urgentissimo, li prende in considerazione?Di certo esistono professionisti più ufficiali, più riconosciuti, psicologi appunto, educatori, pedagogisti, ma credo occorra interpellare tutti gli attori in gioco, pena l'esclusione di una componente – essenziale come ogni componente di un sistema complesso – che può ricollocare l'intervento di noi adulti da un lavoro SUI giovani in un lavoro CON i giovani.
Perché noi lo sappiamo, la letteratura per ragazzi arriva spesso là dove neanche la psicologia riesce a penetrare. Sono quasi trent'anni che, come tanti miei colleghi, lavoro coi ragazzi, entrando nelle scuole, parlando, discutendo, confrontandomi con loro, cercando insieme a loro strade e possibilità; e in trent'anni ho visto tanti ragazzi fragili, tante anime chiuse, tanti giovani spezzati risollevarsi grazie a un libro e a un percorso intelligente che intorno al libro può essere creato, purché si lavori di concerto. Perché si lascia fuori dalla cassetta degli attrezzi proprio quella letteratura giovanile che è così spesso salvagente per ragazzi in difficoltà? E che, dispositivo essenziale per la costruzione dell'individuo, dovrebbe essere inserita nei programmi scolastici e nei percorsi di educazione sentimentale, e soprattutto assunta, come impegno indifferibile, a livello ministeriale, perché noi scrittori, da soli, abbiamo un margine limitato di manovra.
Ho avuto, su questo, un recente scambio con Maura Gancitano e Stefano Massini, persone eccelse, attivissime, capaci, due grandi che ammiro per impegno, cultura e preparazione. Eppure neanche loro, così grandi, riescono a fare questo passo in più. Il motivo? Perché la letteratura per ragazzi non la si conosce, e per molti è solo, nella peggiore delle ipotesi, "Geronimo Stilton", nella migliore "I ragazzi della via Pàl", lontani l'uno dalla letteratura, l'altro dalla contemporaneità. E così si perde tempo, tanto, preziosissimo tempo.
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