Quando un fiore cresce nella polvere - Mammabookita
“Sei un fiore prezioso, e i fiori preziosi non possono crescere nella polvere.”
La mamma lo ripete spesso a Maryam nella polverosa Kabul, mentre tutti gli altri cercano in ogni modo di non farla sbocciare. Tutti gli altri a cominciare da suo padre, che le impedisce di imparare ad andare in bicicletta, perché “è una cosa che offende l’Islam”, se ci vanno le femmine. Ma non proprio tutti, perché c’è suo fratello che è un uomo buono, come anche il suo allenatore, e la sua migliore amica, Samira. Lei è hazara e Maryam pashtun: sono entrambe due fiori bellissimi.
“Non sapevo se fossi davvero preziosa, ma mi piaceva l’idea di essere un fiore. Magari in un’altra vita lo ero stata veramente, un fiore che cresceva là sulla montagne, era possibile, e forse era per questo che ogni giorno desideravo essere lassù.”
Montagna, senso di libertà, il vento tra i capelli e Maryam che pedala verso il suo destino con il cuore che le batte all’impazzata. Oggi, per noi in Italia, o comunque in Occidente, che una ragazzina vada in bicicletta sembra qualcosa di scontato. In un Paese come l’Afghanistan, invece, in cui una femmina può a stento proferire parola, andare in bicicletta resta un miraggio irraggiungibile.
“E mentre pedalavo mi aspettavo da un momento all’altro che raccogliessero una pietra e me la scagliassero contro, come avevano fatto con Henna. Io li sfidavo, fra me e me, che ci provassero, tanto anche se fossimo cadute ci saremmo rialzate e avremmo continuato a pedalare. Che tirassero tutte le pietre che volevano, noi avremmo mostrato loro quante volte una donna po' cadere e rialzarsi.”
La scrittura fluida di Gabriele Clima riesce a far vivere i personaggi della storia e ad avvicinarli a noi quasi fossero amici di sempre, anzi le nostre amiche del cuore. Mentre leggevo, mi sono talmente immedesimata con Maryam e la sua storia, che migliaia chilometri di distanza si sono accorciati, facendomela credere la vicina della porta accanto. Questo per dire che il mondo è nostro, e la condizione delle donne afgane è la condizione nostra e delle nostre figlie. E sicuramente lo è stata in passato e potenzialmente lo può sempre essere, magari in nome non dell’Islam, ma di qualsiasi altro idolo, ogni volta che una donna viene toccata con qualcosa che non è un fiore.
Vorrei concludere con le parole dell’autore, che così mi ha scritto, quando gli ho chiesto se voleva aggiungere qualcosa a questa mia recensione.
“La letteratura dà la possibilità di far capire l'attualità ai ragazzi andando oltre l’informazione, toccando corde più profonde, quelle del sentire, oltre a quelle del comprendere, in modo che anche ciò che accade a seimila chilometri da noi non resti cosa che non ci appartiene, ma diventi un sentire collettivo che riguarda tutti. Del resto lo sappiamo, il pensiero integralista non è solo quello talebano che governa oggi a Kabul, è quello di un marito che picchia la moglie, di un razzista che insulta una persona di colore, di un omofono che manda all’ospedale un ragazzo solo perché gay; e questo tipo di pensiero, purtroppo, ci riguarda tutti da vicino.”
La natura è resiliente, le donne lo sono, se un fiore deve sbocciare e crescere, lo può fare anche nella polvere. E con la sua luce e il suo splendore sarà d'esempio per tutti gli altri.
12 ottobre 2021
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