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Immagine del redattoreGabriele Clima

Mara Mundi, «Black Boys»

18 marzo 2020


Se il dolore non lo chiami per nome, non riuscirai mai a trasformalo. Lo impara sulla sua pelle, Alex, protagonista dell’ultimo romanzo di Gabriele Clima, Black boys, Feltrineli Up 2020.

Ha sedici anni e un mare di rabbia, Alex, per aver perso il padre in un incidente stradale. Uno scontro frontale che ha segnato per sempre la mamma, nel volto e nel corpo, e ha ridotto lui stesso in coma per diverse settimane.

Vendetta, razzismo, branco: tutto si fonde in questa storia, che ti colpisce in petto e poi t’accarezza.

Madre e vita, qui più che altrove, sono la stessa bellezza: si rompono, si spezzano, ma resistono, rimangono lì, si ricompongono e “lasciano aperta ogni porta/non sapendo quando l’alba giungerà”.

Un po’ rimescolati sono questi i versi di una poesia di Emily Dickinson citati a pagina 170. Come in una trama di stoffa e parole, l’autore li cuce proprio lì dove sembra che tutto debba finire, ed invece è proprio da lì che la storia nuova può avere inizio quando si capisce che ogni accadimento, anche il peggiore, è solo “un altro modo delle cose”.

“Sei pronto a fare quello che fanno i grandi? […] Cosa fanno i grandi, papà? […] I grandi danno i nomi […] I nomi del dolore”.

Non è mai un percorso lineare, perché spesso noi diventiamo adulti senza essere grandi, e ce lo dimentichiamo che il dolore va nominato per essere elaborato, per viverci accanto talvolta, senza andare in frantumi.

È un libro che celebra il domani, perché le vite possono essere belle e possono aspettare l’alba anche con un sfregio sulla faccia e un taglio nella pancia.

L’autore ha scritto un romanzo intero per omaggiare la forza di tutte le mamme.

Immergetevi in questa storia dalla dedica all'ultimo rigo dei ringraziamenti, all'uso del punto e virgola nell'ultimissima frase, che mi è sembrato il più bello degli omaggi, perché ci trattiene sulla parola, ci lascia lì un attimo di più, dove tutti dovremmo inchinarci.

“Ma prima abbracciami, che del tuo abbraccio avrò bisogno sempre, se no come faccio ad affrontare il mondo?" L’avevo abbracciata, e intanto pensavo che solo una madre sa far questo, mostrarsi così fragile e così forte insieme, così fragile da chiederti un abbraccio per continuare a vivere e così forte che quell'abbraccio, per vivere, è tutto quello che ti chiede”.

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