Luisa Mattia: pensare al dopo
23 marzo 2020
In questi giorni di dolore e di tempesta, abbiamo bisogno di pensare al "dopo" ( che spero arrivi presto). Si parla tanto, sui social, anche di "cosa scriveremo dopo". Io credo che il "dopo" non affogherà né sbiadirà né modificherà sostanzialmente l'impegno e la forza narrativa di chi la sta già coltivando da tempo.
So per certo che tanti - forse troppi - cadranno nella facile tentazione di raccontare quello che già sappiamo perché ci siamo dentro, contrabbandando come narrativa un puro esercizio di cronaca.
So anche che la buona narrativa - del "prima" e del "dopo" - è quella che entra dentro tematiche serie evitando la superficialità, mantenendo un tocco di levità e non abbandona il rigore stilistico.
In questo quadro, inserisco due romanzi letti in questi giorni e che raccontano - in forme diverse ma ugualmente intense - i ragazzi, le scelte, i tormenti e la voglia di fare del proprio presente un "adesso" che è già futuro.
Lodovica Cima ha scritto "La voce di carta", un romanzo ambientato alla fine dell'Ottocento ma che - lo sottolineo - è un inno alla bellezza delle scelte e all'indipendenza femminile. Un romanzo storico il cui contesto è dettagliato senza indugiare nella pedanteria, con una protagonista che cresce insieme al lettore.
Un salto temporale ed ecco che Gabriele Clima con "Black boys" si butta nell'oggi, nella rabbia di un adolescente ferito dalla vita, che opera scelte d'istinto in un contesto secco come una condanna a vita e ne esce grazie alla sua capacità di pensare e ripensarsi, di superare pregiudizi e ricomporre la tabella degli errori. Due libri che hanno già risposte per il "dopo".
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