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Immagine del redattoreGabriele Clima

«…E posso disegnare la mia mano»


Mi capita di mantenere i contatti coi ragazzi che incontro nelle scuole. Me lo chiedono loro, ‘posso scriverti?’, ‘posso chiederti l’amicizia su Facebook?’, e io accetto volentieri. Stamattina mi scrive Giuseppe, che ho incontrato il mese scorso durante un laboratorio di poesia in una seconda elementare di Milano, e mi dice:

«Ciao Gabriele, grazie per avermi risposto. Volevo dirti che il laboratorio che hai fatto con noi in classe mi ha fatto pensare alle parole poetiche che stavano nelle consegne dei lavori che mi dava la maestra. Non ci avevo mai pensato prima. Quando le portavo a casa scritte sul quaderno con la penna, loro stavano lì e io non ci avevo mai pensato. Grazie al tuo laboratorio ho pensato con più significato alle pagine dei miei quaderni, e quando capita che la maestra strappa una pagina, o a me o a un compagno, è come se le pagine se ne andassero da casa loro».

Vi riporto il messaggio di Giuseppe perché quando si trova una simile sensibilità in un ragazzo di seconda elementare, be’, viene voglia di dirlo a tutti. E se per caso non ne foste ancora convinti, ecco una delle poesie che accompagnava le sue righe, frutto non di quello che abbiamo fatto insieme, ma del suo lavoro a casa, successivo e spontaneo:


Pioggia forte acqua freddo pioggia righe d’acqua dal cielo che vanno sulla terra pioggia felicità l’acqua mi piace e posso immaginare di saltare nelle pozzanghere gocce che bagnano la macchina sembrano delle 'O' si appannano i vetri e posso disegnare la mia mano.

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