gabriele clima
MISTER OK E IL TUFFO DAL PONTE
Mister Ok e il tuffo di Capodanno
– Prendete Mister Ok, – aveva aggiunto sorridendo – quel matto che si tuffa nel Tevere ogni anno, il primo di gennaio; ormai è un rito, per lui, e non si è mai preso nulla, niente di niente, neanche un raffreddore.
(Alibel, Il libro nero, pag. 255)
"«Daje, va', damo soddisfazione ar popolo!»
La tradizione del tuffo di capodanno nel Tevere fu inaugurata nel 1946 da Rick De Sonay, un'italo-belga nato nel 1899 e giunto a Roma nel 1945. Si lanciava in costume e cilindro, per festeggiare in modo beneaugurante il suo compleanno, che cadeva proprio il primo di gennaio.
Un salto a volo d'angelo dritto nelle acque gelide e vorticose del Tevere, subito dopo lo sparo di mezzogiorno del cannone del Gianicolo. Pochi secondi col fiato sospeso e poi via al lungo e fragoroso applauso.
Il trampolino era la balaustra marmorea di ponte Cavour, di un'altezza complessiva di 18 metri. Tutte le volte, riaffiorato incolume dall'acqua, rassicurava gli astanti con il caratteristico gesto della mano. Ok, è andato tutto bene. Col tempo Mister Ok divenne così popolare da finire al cinema. Nel 1968 nel film di Dino Risi "Straziami, ma di baci saziami" De Sonay salvava Nino Manfredi suicida nel Tevere.
L’anno in cui era iniziato quel divertente rituale il “biondo” Tevere era meravigliosamente pulito. C’erano dei barconi ormeggiati lungo gli argini che fungevano da stabilimenti balneari con tanto di cabine, sedie a sdraio e baretti che vendevano bibite e gelati. I ragazzi andavano lì a prendere il sole, a fare il bagno e a rimorchiare le ragazze. Le più spregiudicate, indossavano già i primi costumi da bagno bikini, inventati proprio in quel 1946 dal sarto francese Louis Réard.
L’ultimo tuffo nel Tevere di De Sonay fu negli anni ottanta. Altri dopo di lui hanno emulato lo spericolato salto, ma è il bagnino di Castel Fusano Maurizio Palmulli, classe 1952, il vero epigono, il nuovo Mister Ok.
«Ho sempre amato tuffarmi e da bambino lo facevo dal pontile di Ostia, anche per convincere qualche turista di passaggio a lasciarmi una mancia.»
Lo conobbe sul pontile di Ostia. Quando seppe della malattia del suo idolo, giurò a se stesso che avrebbe proseguito l'usanza fino a che la salute gliel'avrebbe permesso.
«Decisi di andare a fare un sopralluogo per vedere se mi sarebbe stato possibile prendere il suo posto. Ricordo che mi recai di sera, con mia moglie. Quando arrivammo su ponte Cavour lei mi disse: "Ma davvero vuoi buttarti da qui?". Era buio, faceva freddo. "Non ci penso nemmeno" – le risposi, e andammo via. Ma l'indomani tornai. Di giorno era bellissimo e molto meno impressionante. Pensai: "Ma sì, si può fare"» Maurizio Palmulli
Come il suo predecessore anche Palmulli finì al cinema, questa volta alla corte di Paolo Sorrentino ne "La grande bellezza".
fonte: www.romasegreta.it