gabriele clima
ALCHIMIA, UN'ARTE ANTICHISSIMA
Lo scopo dell'alchimia
Sapeva ben poco, Alibel, di alchimia, e quel poco che sapeva lo aveva letto in qualche storia di maghi o di stregoni in cerca della Pietra Filosofale, quando ancora le piaceva quel tipo di racconti. Ma cosa c’entrava tutto questo con lei? Forse in passato qualcuno della sua famiglia era stato un alchimista? Qualcuno che magari preparava intrugli a base di erbe e di acqua sporca e li vendeva come elisir di lunga vita?
(Alibel, La Malastriga, pag. 163)
L’alchimia è un’antica pratica di cui si sono trovati scritti risalenti al III-IV secolo d.C., sia in Oriente che in Occidente. Essa raccoglie il patrimonio di conoscenze dell’antichità (soprattutto egizio) relativo alle proprietà e alle trasformazioni della materia. Tale patrimonio venne ripreso e arricchito dalla cultura araba a partire dal VII secolo d.C. e per tutto il Medioevo. L’alchimia si diffuse ben presto in Occidente e costituì un peculiare fenomeno che perdurò fino al XVII secolo e che, sia pure in modo sporadico, sopravvive ancora oggi.
Essa viene anche indicata come “arte ermetica” in quanto, secondo la tradizione, il primo a occuparsi di tale disciplina fu il mitico sapiente Ermete Trismegisto, nella cui figura venivano sincretizzati il dio egizio Thot e il greco Ermes.
In origine l’alchimia aveva probabilmente scopi pratici e tecnologici. Ben presto però si trasformò in una curiosa attività iniziatica e segreta in cui gli adepti, pur continuando a occuparsi delle trasformazioni della materia, attribuivano però a queste ultime un profondo significato spirituale. L’obiettivo degli alchimisti era la ricerca della “pietra filosofale”, una misteriosa sostanza in grado di trasformare in oro i metalli vili. Tale trasformazione sarebbe stata possibile attraverso le cosiddette “nozze chimiche” in cui i tre “principi ipostatici” dello zolfo, del mercurio e del sale si sarebbero uniti per generare l’oro, simbolo ideale di tutto il regno minerale. Lo scopo non era tuttavia economico. La rigenerazione dei metalli verso lo stato di perfezione rappresentato dall’oro rispecchiava, per analogia, la redenzione dell’uomo verso lo stato di grazia, perduto a causa del peccato originale.
L’obiettivo principale dell’alchimia non era pertanto la trasmutazione dei metalli, bensì la trasformazione dell’alchimista stesso verso un’umanità nobile e aurea. L’alchimia fu una sorta di filosofia mistica, intrisa di elementi magici ed esoterici. Ciò nonostante gli alchimisti, con il loro paziente lavoro di laboratorio, accumularono una serie di conoscenze che si dimostreranno utili per la successiva nascita della chimica moderna. Numerosi furono i punti di contatto tra alchimia e astrologia. Fino al XVII secolo, gli alchimisti conoscevano soltanto sette metalli (oro, argento, mercurio, rame, ferro, stagno e piombo), a ciascuno dei quali veniva associato uno dei corpi celesti fino ad allora conosciuti (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Secondo le concezioni alchemiche, infatti, la generazione dei metalli sarebbe avvenuta nel “grembo della terra”, sotto l’influsso dei vari corpi celesti. I metalli e i corpi celesti venivano rappresentati con gli stessi simboli, che sopravvissero fino alla rivoluzione chimica di fine Settecento. L’interpretazione psicologica delle pratiche alchemiche si è sviluppata soprattutto in seguito ai lavori di Carl Gustav Jung: nella sua opera Psicologia e alchimia (1944), egli interpreta infatti in chiave simbolica il linguaggio alchemico, ritenendo di individuare in esso le strutture profonde e archetipiche della psiche umana.
fonte: www.cicap.org