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Il colle del Gianicolo

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Si fermarono sulla terrazza del Gianicolo, dalla quale si ammirava Roma in tutta la sua estensione.
– Allora, che ne dici? – chiese Alibel appoggiandosi alla balaustra.
– Wow – rispose Ben. Osservò la città dispiegarsi sotto il cielo caldo, un arazzo di strade, piazze, chiese, giardini e monumenti come non aveva mai visto in vita sua, e in mezzo il fiume, un nastro d’argento che riluceva sotto il sole.
(Alibel, La Malastriga, pag. 37)

Pur essendo meta molto ambita dai romani e dai visitatori, il colle del Gianicolo non fa parte del sette colli famosi, e per questo è chiamato anche 'l'ottavo colle'. L’occupazione del Gianicolo, che la tradizione attribuisce al re Anco Marcio, era indispensabile alla difesa della città: il colle costituiva la naturale testa di ponte sulla riva destra del Tevere, di fronte al ponte Sublicio. Questo carattere risulta dall’uso, certamente assai antico, di alzare sul colle una bandiera come segnale di sicurezza quando si svolgevano i comizi nel Campo Marzio, fuori dalle mura. Sul Gianicolo vennero sepolti noti personaggi: oltre al mitico re Numa, ricordiamo i poeti Ennio e Cecilio Stazio. Il colle fu sacro a Giano (donde il nome) che vi aveva istituito la sua città e vi aveva dedicati tanti altari quanti erano i mesi dell’anno. Giano, il dio bifronte, regnava, secondo la religione romana, su ogni luogo di passaggio (Giano deriva dal latino “ianua“, cioè “porta”, “uscio”) e, visto che il Gianicolo fungeva simbolicamente da porta della città verso l’esterno, la sua ubicazione in questo luogo è alquanto logica. Sotto il Gianicolo, secondo leggende medioevali, vi era una porta di metallo che si apriva da sola allorché una provincia romana si ribellava. Appena i romani si accorgevano che la porta era aperta, correvano al Pantheon dove erano collocate tutte le statue che rappresentavano le province: quella che vedevano voltata di spalle, indicava quale era la provincia ribelle e, di conseguenza, sapevano dove inviare le loro legioni per domare la rivolta. Il Gianicolo fu anche chiamato “Montorio” (ovvero “Monte d’Oro”) a causa della rena gialla o “mica aurea” di cui è composto. Fu anche teatro degli eroici eventi che si svolsero nel 1849, quando l’esercito francese attaccò la città. I repubblicani di Garibaldi resistettero per settimane alle truppe francesi di gran lunga superiori, finché non furono sopraffatti: a ricordo di ciò, in piazzale G.Garibaldi sorge la grande statua equestre di Garibaldi (nella foto in alto), opera di Emilio Gallori ed inaugurata nel 1895.



Nel 1849 quando l’esercito francese attaccò la città, il colle fu teatro di eroici combattimenti: i repubblicani di Garibaldi resistettero per settimane alle truppe francesi di gran lunga superiori, finché non furono sopraffatti e qui sono ancora conservate numerose memorie di quelle giornate.

Passeggiando per il Gianicolo ci si imbatte in molti busti e statue di garibaldini illustri, quali il monumento ad Anita Garibaldi, l’eroica compagna dell’eroe dei due mondi, ritratta in un movimentato monumento equestre eretto nel 1932: all’interno della base sono deposte le ceneri di Anita, traslate da Nizza. Altre due statue sono dedicate a due personaggi molto conosciuti della storia della città. Ciceruacchio, al secolo Angelo Brunetti, una delle figure di spicco e difensore della Repubblica Romana, fu catturato e fucilato mentre fuggiva insieme a Garibaldi dopo la caduta della città. La statua a lui dedicata mostra proprio il momento della fucilazione, reso ancora più drammatico dall’uccisione a tradimento anche del figlio tredicenne, a cui era stato promesso di risparmiare la vita. A un piccolo grande eroe della storia romana e al suo fedele cane è dedicato un omaggio commovente, quello di Righetto, un orfano dodicenne che, come tanti altri durante l’assedio di Roma, si impegnò a spegnere le micce delle bombe inesplose, in modo tale che potessero essere riutilizzate contro il nemico francese. Morì proprio nel tentativo di spegnerne una.

Secondo un’antica tradizione, a Roma il mezzogiorno viene annunciato da un colpo di cannone. La tradizione nasce con papa Pio IX, per sincronizzare il suono delle campane delle chiese romane, evitando così che ognuna suonasse per conto proprio e dal 24 gennaio 1904 lo sparo parte proprio da un cannone posizionato su una delle terrazze del colle.

fonte: www.romasegreta.it e www.italiawow.it

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