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  • Immagine del redattoreGabriele Clima

Silvia Sai, Galline volanti «Il sole fra le dita»



C’erano tutti gli ingredienti perfetti per creare un libro patetico e banale.

Un ragazzino “difficile” di sedici anni, un padre assente, una madre debole, una scuola cristallizzata nelle sue rigidità educative, un’insegnante ottusa, un ragazzo disabile, un desiderio di ribellione. E invece, Gabriele Clima è riuscito a scrivere un romanzo – Il sole fra le dita – fresco, sincero, non scontato, intessendo una storia emozionante, divertente, profonda, vera e rispettosa.

Terminata la lettura, leggendo i ringraziamenti e la postfazione di Fabiola Beretta (presidente ATHLA (http://www.atlha.it/)), ho compreso l’origine della bella umanità che si respira nelle pagine: riferimenti a persone incontrate e conosciute, un lavoro di ricerca e approfondimento, una straordinaria capacità di modulare vere storie di vita all’interno di una cornice letteraria.


La storia si apre nell’ufficio del preside di un liceo. C’è Dario, il sedicenne evidentemente non alla prima malefatta, c’è la sua professoressa che lo apostrofa come d’abitudine “mela marcia”, c’è il preside. Gli adulti parlano, di regole, di buon comportamento, di punizioni necessarie; Dario ascolta, e viaggia nei suoi pensieri di frustrazione, tristezza, rabbia, fuga. Questa volta, gli adulti decidono che la soluzione più adatta per “raddrizzare” Dario sia impegnarlo in un lavoro socialmente utile: affiancare una giovane educatrice, Elisa, nell’assistenza di Andy, un ragazzo della scuola immobilizzato su una sedia a rotelle e incapace di comunicare con il mondo esterno. Per gli adulti, una vera punizione. Per Dario, pure. Lo comprenderemo solo nel corso del romanzo, insieme a Dario stesso, quanto questa punizione in realtà rappresenti la sua salvezza, in modo non così inaspettato ma decisamente non scontato.


L’origine della rabbia e del malessere di Dario, o uno fra i tanti, lo intuiamo fin dalle prime pagine: una famiglia spezzata, piena di silenzi e assenze, un padre che improvvisamente ha abbandonato Dario e la moglie, una mamma incapace di riempire i silenzi e le domande, un ragazzo divorato dall’incomunicabilità e dai sensi di colpa per la “fuga” del padre.

In fondo, però, una famiglia non così diversa da tante altre. Ognuno ha i suoi buchi neri, ognuno le sue strade spezzate, ognuno un passato da “sistemare”.

Lo scontro tra Dario ed Elisa non tarda ad arrivare. Da una parte c’è lei, le sue eccessive premure per Andy che arrivano ad ingabbiarlo e privarlo di qualsiasi stimolo a superare i propri limiti e ad assaporare una qualsiasi forma di libertà; dall’altro c’è Dario che, al contrario, di superamento di limiti e libertà ha moltissima sete.

Se Elisa copre Andy con cappello e abiti, perché c’è freddo, e il freddo gli fa male a quelli come lui, e quindi anche il sole può vederlo solo attraverso il vetro di una finestra, Dario cerca di liberarlo dal cappello e dagli abiti pesanti, portarlo al sole, quello vero.


Fin dal primissimo incontro, Dario dimostra un innaturale impulso empatico, fino a calarsi quasi inconsapevolmente nei panni di Andy. Non pensa a chissà quale teoria educativa, semplicemente immagina il caldo che Andy sta provando, la voglia di sole e aria aperta. Nella sua ingenuità, scevra di sovrastrutture educative spesso cariche di pietismo e assistenzialismo, Dario si relaziona con Andy come un essere umano “normale” ma, soprattutto, come un ragazzo come tanti. Diverso, come lo sono tutti.

Certo che anche Dario si sente diverso e incompreso come molti adolescenti, e forse più, ma nello stesso tempo riesce a leggere in Andy una normalità diversa, come la sua.


“Ma cosa credi?” disse. “Di fare quello che vuoi perché stai su una sedia?”. Andy non rispose. Lo guardò imbronciato, senza muoversi. “Be’, ho una notizia. Non sei il solo. Anch’io sto su una sedia. Da nove anni. Anche se nessuno se n’è mai accorto”. Si chinò, gli accostò la bocca all’orecchio. “Lo sapevi che ci sono certi giorni che non riesco neanche a scendere dal letto, lo sapevi? Che non riesco a muovermi, che non riesco a respirare. E spero che il giorno passi in fretta, e la sola cosa a cui posso pensare è che domani, forse, sarà meglio”. Si alzò, lo guardò dall’alto. Sentiva un peso dentro al petto, enorme, un macigno. Che sapeva di lacrime e rabbia. “La differenza, amico bello, è che tu hai un’assistenza, io invece no”.

E così, a pagina 30 la situazione è già precipitata e l’avventura ha inizio. Colto da un senso di ribellione – sempre empatica – Dario accompagna di nascosto Andy ai giardini pubblici, a respirare il sole, quello vero: “ole” è proprio l’unica parola che Andy pronuncia, fin dall’inizio. Poi la situazione si complica, complice una canna forse un po’ troppo pesante, e la visione di due agenti davanti alla scuola... com’è come non è, Dario si ritrova a salire su un treno insieme a Andy. Destinazione San Vincenzo. Non lontano da Torre Saracena, l’unico elemento che tiene agganciato Dario a suo padre, al suo passato e al suo futuro: le tracce di un’unica sua cartolina conducono proprio a quel luogo.


Di pagine ce ne sono ancora molte, e si gustano tutte d’un fiato, nel divertimento e nella profondità che non annoia, senza quasi lasciare il tempo di riflettere sui bei pensieri suggeriti da alcuni passaggi intensi. Conosceremo meglio Dario, le ombre del passato nella forma di un padre mitizzato e desiderato, le sue debolezze e sensibilità, la sua sfrontatezza adolescenziale durante i vari incontri on the road, la sua schiettezza cinica. Conosceremo meglio Andy, le sue mezze parole, sempre più frequenti, le sue risate, il suo amore per la musica, la sua capacità di comunicare con quelle persone che dimostrano un animo sensibile e puro, la forza. Ma soprattutto, assisteremo alla nascita graduale di una bellissima complicità e amicizia tra due persone ai margini che in fondo hanno solo bisogno di incontrare, e incontrarsi, in una sana normalità, qualsiasi forma essa abbia. Due persone che si ascoltano e si sentono ascoltate.

Il viaggio non si fermerà a San Vincenzo ma proseguirà con destinazione Torre Saracena, per chiudere un cerchio aperto molti anni prima. In un vero e proprio viaggio on the road, Dario e Andy proseguiranno a bordo di una rak-mobile (una specie di bat-mobile!) creata da Rak, un bizzarro personaggio incontrato sulla spiaggia: basta un motore e un predellino attaccato alla carrozzina di Andy e via! Come prevedibile, non mancheranno le avventure, i colpi di scena, le fughe, le feste, le difficoltà, anche molto concrete nel prendersi cura di Andy e nel sopravvivere in un tale viaggio. Ma soprattutto, ci saranno i dialoghi, i pensieri ad alta voce, i silenzi eloquenti... Ci sarà il mare, il vento, e il sole. Il sapore della libertà e di luoghi senza limiti.


Gabriele Clima sceglie un linguaggio frizzante e curato per un testo scorrevole e sapientemente equilibrato tra azione e riflessione, tra ironia e serietà. Ciò che resta, alla fine della lettura, è un emozionante viaggio alla scoperta dell’altro e di sé, delle proprie belle risorse, della propria storia, e di un passato che si fa, finalmente, futuro.

Sì, Dario lo invidiava. In Andy c’era qualche cosa di immortale, di intoccabile, che sfuggiva alle leggi degli uomini. Andy era un semi-dio, metà uomo e metà sedia, come una creatura mitologica. Come fai a non invidiare una creatura mitologica?

 

IL SOLE FRA LE DITA Edizioni San Paolo Anno di pubblicazione: 2016 180 pp. Prezzo di copertina: 12 euro

Età di lettura: dai 12 anni


 

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