«Ma quanto c'è di vero?…»
Ma quanto c’è di vero nelle storie che scrivi? La fanno spesso i ragazzi questa domanda, anche quelli più grandi. Ecco allora, per chi ha letto ‘Il sole fra le dita’, eccoci qui, io, l’airone, la suora dalla tunica azzurra. Connemara, Irlanda, un'estate di quattro anni fa.
(...) L’airone girò l’occhio tondo, fisso, aperto. «Tranquillo» disse Dario. Lo avvicinò al petto, come per cullarlo. Sentiva il battito del suo cuore piccolo, di uccello, dentro il petto morbido. L’airone si lasciò tenere. «Portamelo qui!» disse la suora. Lo adagiarono, nella coperta, fra una borsa di albicocche e una cesta di gomitoli di lana. «Fai attenzione. Ecco. Sei bravo, sai, con gli animali?» Dario sorrise. «Più bravo con gli animali che con le persone». «Oh, non c’è molta differenza. Anche le persone sono esseri fragili. Anche loro si spezzano le ali qualche volta». Dario si scostò dall’auto. «Io ne conosco uno» disse. «Con le ali spezzate. L’hanno messo su una carrozzina». La suora lo guardò. «È fortunato ad averti come amico». Dario abbassò gli occhi. «No, non è vero. Lui non dovrebbe essere qui. Ce l’ho portato io. Non so neanche perché». L’airone ebbe uno scatto. Aprì il becco, alzò la testa, sporse un’ala fuori dalla coperta che lo avvolgeva. «Dai, a lui ci penso io a lui. Tu pensa al tuo amico, e fa' quello che è giusto fare». Richiuse il portellone con un colpo secco. Quello che è giusto fare. C’è qualcuno che me lo può dire, quello che è giusto fare? «Vedrai che se ci pensi lo sai già» disse la suora. «Mi sembri più in gamba di quanto tu non creda». Sorrise. Dario le porse la mano. La ritirò. Com’è che si saluta una suora? «Grazie di essersi fermata» le disse. «Grazie a te di essere rimasto». (...)
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