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  • Immagine del redattoreGabriele Clima

Guarda le stelle, Italiaadozioni e Fatatrac

Parlare ai bambini adottati della loro storia è più facile usando le fiabe. Ecco perché siamo molto felici di presentare il libro “Guarda le stelle” di Gabriele Clima, con le illustrazioni condotte a quattro mani da Pia Valentinis e da Mario Onnis, edito da Fatatrac con cui abbiamo collaborato e riconosciuto il nostro patrocinio per questa novità editoriale. Vi parliamo di “Guarda le stelle” con le parole dell’autore:

«In mezzo al prato c’è una casa grandissima coi muri bianchi come la neve e mille finestre che si aprono verso il bosco. In mezzo al bosco una strada si srotola fino alla casa, chiara e sottile, un filo di seta che brilla nel sole. Più in alto, nel cielo, ci sono le stelle. Tante. Tantissime stelle. In piedi, sui gradini del portico, Leon guarda la strada. Stringe una piccola valigia rossa leggera leggera che pare di carta, come i suoi anni. A fianco a lui c’è Dorina, la mamma di tutti, che gli tiene la mano. Ogni tanto si china a guardare Leon. «A cosa pensi?» gli chiede. Leon non risponde. Ma Dorina lo sa a cosa pensa Leon. Pensa a un sacco di cose, al freddo, alle stelle, alle notti lunghissime, ai giorni passati ad aspettare - mille? duemila? un milione? - alla casa, alla strada che corre come un filo di seta e al cui termine, oltre il cielo, c’è il mondo. A questo pensa Leon, ma sono cose troppo difficili da dire a parole» (...)

‘Guarda le stelle’ è costruito sul luogo e sul tempo della fiaba, e passa attraverso le tappe principali del vissuto emotivo del bambino adottato.


Ogni tappa è presente, dall’abbandono, all’accoglimento nella nuova famiglia, e presenti sono le emozioni che segnano le varie tappe. Era importante che la narrazione attraversasse un vero e proprio percorso di educazione emozionale in cui le emozioni chiave, positive e negative, venissero riconosciute ed affrontate. A volte, nei bambini adottati, questo percorso incespica in emozioni mal elaborate che possono avere effetti negativi sulla sfera relazionale. È ovvio che non una storia può risolvere il problema, ma questa può aiutare a riallacciare i fili pendenti di un’esperienza adottiva vissuta in modo problematico.


Perché una fiaba sull’adozione?


Perché una fiaba mi sembrava il modo migliore per parlarne, soprattutto ai bambini. La fiaba è prima di tutto un luogo, uno spazio fisico in cui potersi rifugiare, come un lettone o un abbraccio. È un luogo in cui potersi prendere cura della propria identità come fosse una persona, coccolarla, consolarla, fortificarla anche, perché il mondo della fiaba è un mondo in cui le regole sono quelle dell’immaginario e dell’inconscio.

Poi perché una fiaba è un tempo indefinito, che può essere breve o lunghissimo, dipende da quanto spazio noi vogliamo darle. È un tempo che permette di dilatare le nostre sensazioni, e di far risuonare emozioni e sentimenti.

In terzo luogo perché le fiabe sono strumenti potentissimi per affrontare anche le cose che ci fanno più paura. La loro struttura, molto semplice e al contempo molto articolata, ci presenta un mondo in miniatura, come quello reale, ma che possiamo comprendere e gestire anche in ciò che normalmente fatichiamo ad accettare, come la rabbia, il dolore, la sconfitta.



C’è un personaggio del libro a cui ti senti particolarmente legato?


Sì, Romi, l’orsetto. Romi in verità è il personaggio più importante della storia, più di Leon, che di fatto è il protagonista. Romi è per eccellenza il personaggio transizionale della storia (e in quanto peluche diventa addirittura oggetto transizionale), perché rappresenta non solo la condizione dell’abbandono, ma anche le emozioni – tutte le emozioni – ad esso legate. Su Romi infatti si riversa l’intera tempesta emotiva della vicenda: è lui che viene trovato in strada fuori dal cancello, è lui che scappa, che ha dubbi, che si nasconde, che prova la paura autentica e profonda della nuova vita che dovrà affrontare. In più, Romi è senza una gamba, ulteriore metafora della condizione del bambino adottato, privato in qualche modo di un pezzo di sé, di un pezzo della propria identità. In lui il piccolo lettore si può identificare completamente, ma senza timore di venire sopraffatto: Romi è un peluche, non un bambino, e questo rende il transfert possibile e sicuro.

Anche il finale è dedicato a Romi. Il libro poteva chiudersi con l’accoglimento di Leon nella nuova famiglia, e invece fa un passo ulteriore, completando il transfer con l’abbraccio finale di Leon. Questo gesto, apparentemente piccolo, è in realtà un cerchio che si chiude e un passaggio di testimone: Romi è ora ufficialmente ‘completo’, da un punto di vista fisico – la gamba – ed emotivo – l’abbraccio. Proprio come Leon.


C’è qualcosa che hai imparato sull’adozione, qualcosa che non sapevi o che non avevi mai avuto occasione di approfondire?


Diverse cose, sì. Non ho esperienza diretta di adozione e, quando mi sono trovato a scrivere sull’argomento, ho passato molto tempo a parlare con specialisti e genitori adottivi. Per approdare poi a Italia Adozioni la cui collaborazione mi ha permesso di cucire insieme le cose che mancavano. Ad esempio, ho scoperto che la parola mamma è il punto nodale di “due scuole” di pensiero, quella per cui mamma è solo ed esclusivamente la donna che adotta (mentre madre, donna o signora è la donna che genera) e quella invece per cui si può usare la parola mamma per riferirsi alla mamma biologica (mamma della pancia), a quella affidataria (mamma di quando eri piccolo) e a quella adottiva senza temere di generare confusione. Proprio come la Dorina della storia, la mamma di tutti, che, stando alla prima scuola di pensiero, mamma non potrebbe essere definita. Nel libro ovviamente si fa una scelta, che non è quindi soltanto linguistica. Questo per dire che una sola, piccola parola usata con leggerezza potrebbe davvero generare onde d’urto non previste.



Che cosa auguri ai lettori?


Di godersi il libro. E la poesia che la storia contiene. Questo non è un libro per sole famiglie adottive, è un libro per tutti, piccoli e grandi perfino, perché le belle storie sono per tutti . È anche a questo, del resto, che servono i libri, a godersi un po’ di poesia, a volte così difficile da trovare nella vita di tutti i giorni.

 

L’editore Fatatrac è orgoglioso di “Guarda le stelle” e ha affermato: “Ci auguriamo di avere costruito un piccolo ulteriore tassello al lungo percorso che gruppi di genitori adottivi, istituzioni e enti preposti e bambini adottati (come quelli ancora in attesa della propria stella) stanno compiendo, con la speranza di vedere questo libro non solo tra le mani di chi è direttamente coinvolto dal tema, ma di molti bambini altri, magari vicini, amici e compagni di classe, a quelli adottivi o che mai sapranno direttamente cosa sia l’adozione, ma che comunque saranno i cittadini di domani formati, consapevoli, sensibili e attenti a tutte le sfumature dell’umanità”.



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