Alessandro Moscetti, «Black Boys»
25 febbraio 2020
In questi ultimi tempi in cui leggo a singhiozzo, preso da mille pensieri, ho un poco perso la voglia di parlare di libri, anche quando ne leggo di belli. Non saprei dire il perché, forse stanchezza, forse pigrizia, forse un vero perché non esiste.
Questo libro, letto ieri in un paio d'ore, mi ha provocato un pianto a dirotto e liberatorio. Esiste un dolore muto che sa essere subdolo, ti prende alla sprovvista, ti abbraccia da dietro con il suo inesorabile peso. Ognuno ha il suo, e spesso nemmeno sa bene perché si è sedimentato lì. Leggendo questo libro ho compreso il dolore per la perdita di mia madre, un dolore che probabilmente non ho mai superato, anzi forse non l'ho mai nemmeno affrontato. E' semplicemente successo, tutto e scivolato via, così, e ho dovuto riprendere la mia via.
Ci sono scritture che oltre ad essere empatiche e affondare la penna con precisione chirurgica, hanno una luce insita che squarcia le ombre covate nell'animo. La scrittura di Gabriele Clima è questo, e qualcosa d'altro, che vien fuori alla distanza e decanta in silenzio.In "continua a camminare" avevo definito "biblico" il finale occorso a Fatma, la bambina siriana mandata al check-point con una cintura di esplosivo; in un passo bello come il miraggio di un sogno, il fiume si sposta e inghiotte il fratello che in nome di un folle ideale l'avrebbe mandata al massacro. Tale passo mi ricordava l'apertura del Mar Rosso che consentì il passaggio del popolo ebraico in fuga, per poi richiudersi sopra quello egiziano, che lo perseguitava, per ricondurlo alla schiavitù. In "Black boys" c'è un passo che definirei "evangelico", quando la madre, dopo aver raccontato ad Alex la verità sull'incidente, dice al figlio: "Adesso devi odiare tuo padre con tutto te stesso, come hai odiato quell'uomo"; un passo che colpisce come una coltellata perché, rovesciando la prospettiva, suona più o meno come il precetto cristiano che recita: "Ama il tuo nemico". Qualcosa che è quasi sempre al di sopra della portata di noi comuni mortali, tranne forse quei pochi più prossimi alla santità che all'umanità.
A volte bisogna andare "fuori dai templi che rigurgitan salmi" ed entrare dentro alcuni libri, per trovare la luce del proprio personale cammino.
AM
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