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ISAAC NEWTON

Isaac Newton, alchimista clandestino

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– Ecco, ci chiedevamo perché ce lo avesse dato, signorina Azzurra – disse Alibel. – Vede, è un manoscritto.
– Vuol dire che è scritto a mano – specificò Ben.
– La signorina Azzurra sa cosa vuol dire manoscritto – ribatté Alibel.
– E sa anche di cosa si tratta, – aggiunse – vero, signorina Azzurra?
(Alibel, La Malastriga, pag. 209)

Essere considerati uno dei principali rappresentanti di un modo moderno di fare scienza come lo è stato Isaac Newton può portare, talvolta, a degli inutili equivoci. Può capitare che qualcuno dimentichi che questo grande scienziato fosse, nonostante tutto, figlio della sua epoca, e abbia praticato attività legate ad un modo magico di vedere la realtà proprie di un'epoca, come il XVII secolo, che rappresenta una transizione tra i misticismi del Rinascimento e l'interpretazione meccanicistica del mondo che caratterizzò i periodi successivi.


Newton è un caso emblematico: egli dedicò una considerevole parte delle sue energie intellettuali non solo alla matematica, alla meccanica e all'ottica, per cui è diventato famoso, ma anche allo studio dell'alchimia e delle profezie bibliche. Non stupisce che alcuni nemici della razionalità se ne siano compiaciuti, ma anche loro sbagliano. È vero che in un certo contesto Newton mostrò di avere un orizzonte mentale non dissimile da quello di altri intellettuali della sua epoca ma, anche all'interno di ciò che con un termine improprio potremmo chiamare il suo "errore", egli non mancò di dimostrare il suo genio. Questo fatto è riassunto con efficacia in un articolo apparso alcuni anni or sono sulla rivista La Recherche intitolato: "Isaac Newton, un alchimista diverso dagli altri".


Prima di descrivere come questa figura leggendaria ebbe a che fare con un argomento che oggi molti considerano irrazionale è necessario fare un'importante precisazione: il fatto che Newton praticasse l'alchimia o la "decifrazione" delle profezie, non modifica in alcun modo l'importanza delle scoperte scientifiche teoriche e sperimentali per cui è celebrato. Inoltre, come vedremo in seguito, Newton scrisse ampiamente di alchimia, ma preferì tenere per sé i propri manoscritti piuttosto che consegnarli alle stampe.



Isaac Newton nacque nel 1642, lo stesso anno in cui morì Galileo, ed è considerato da molti il più grande genio scientifico di tutte le epoche; ancora più geniale di Einstein perché, a differenza di questi, dovette inventarsi gli strumenti matematici necessari per risolvere i problemi di fisica che si era posto. Oltre a Einstein, come fisico teorico solo Maxwell può essere paragonato a Newton, mentre nel campo della matematica il suo genio si avvicina a quello di Gauss: il tutto concentrato in una sola persona.

Se però andiamo ad esaminare l'inventario della biblioteca personale di questo scienziato inglese oppure le sue carte manoscritte ci troviamo di fronte ad una sorpresa: Newton possedeva ben 138 libri di alchimia e 31 di chimica (anche se la differenza fra le due cose a quell'epoca era sfumata) che rappresentavano circa il 10 per cento del totale. A confronto, i suoi libri di matematica erano 369, mentre quelli di teologia arrivavano a 447. Per dare un'idea dell'interesse di Newton per l'alchimia basti considerare che il biografo Richard Westfall ha calcolato oltre un milione di parole scritte di suo pugno in manoscritti alchemici. In aggiunta, tra le carte personali dello scienziato sono stati trovati un certo numero di manoscritti scritti con calligrafie differenti, il che ha fatto supporre che Newton facesse parte di un circolo segreto di alchimisti che si scambiavano informazioni sul loro lavoro.

Quali sono le ragioni di questa riservatezza e di che considerazione godeva l'alchimia all'epoca di Newton? Nel Seicento gli alchimisti erano tollerati, incoraggiati o derisi a seconda delle nazioni in cui si trovavano e delle speranze o dei timori che avevano riguardo ai loro possibili successi i monarchi che le governavano. Negli anni si erano visti alchimisti poveri arricchirsi spremendo quattrini a finanziatori creduli; ma anche persone benestanti che inseguendo il loro sogno alchemico si erano rovinate finanziariamente.



Esistevano anche alchimisti "seri" che avevano credenziali accademiche; uno di questi era Robert Boyle, l'autore de Il Chimico Scettico. Anche se in Gran Bretagna era ancora in vigore il bando emanato da Enrico IV nel 1404 contro coloro che cercavano di "moltiplicare" i metalli, Boyle non ebbe problemi a dichiararsi un alchimista sperimentale e a pubblicare perlomeno le sue scoperte più "scientifiche". Non dimentichiamo che la chimica, nella sua concezione moderna, nacque solo nel secolo successivo con la "rivoluzione" di Lavoisier e Priestley. Nel XVII secolo, i termini "chimica" e "alchimia" non rappresentavano due discipline differenti ma si confondevano tra loro. La rivoluzione scientifica, in realtà, fu una trasformazione che si impose lentamente: ancora nel Settecento - in pieno Illuminismo - il numero di testi alchemici dati alle stampe era paragonabile a quello dei due secoli precedenti, anche se ormai non facevano più parte della corrente principale della scienza.

Nonostante il suo desiderio di riservatezza, il prolungato interesse che Newton ebbe per l'alchimia rimase ben poco un segreto. Per un personaggio che ancora vivente era considerato il più grande matematico del mondo e che in seguito subì una sorta di "divinizzazione" scientifica la cosa non poteva che suscitare un certo imbarazzo tra le successive generazioni. Ad esempio, quando sulla metà dell'Ottocento il biografo David Brewster trovò alcuni scritti di alchimia li liquidò come una semplice curiosità. Solo nel 1936, dopo che il celebre economista John M. Keynes acquistò ad un'asta un lotto di manoscritti alchemici newtoniani e si mise a pubblicizzarne la sua scoperta, descrivendo Newton come "l'ultimo dei maghi", ogni tentativo di ridimensionamento - o quel che è peggio, di censura - venne vanificato e finalmente si inaugurò una serie di seri studi, che interpretavano l'attività segreta dello scienziato all'interno del contesto storico.

fonte: www.cicap.org

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